Google ti consente realmente l’anonimato?

Secondo un nuovo studio svolto dal motore di ricerca DuckDuckGo, concorrente del gigante di Mountain View, i risultati delle ricerche effettuate all’interno di Google Chrome sarebbero sempre influenzate dai dati personali degli utenti, anche quando questi navigano disconnessi dal proprio account o in modalità “in incognito”.

Partiamo dall’inizio. Google non ha mai nascosto la manipolazione dei risultati delle ricerche basate su quella che viene definita Filter bubble, una bolla basata su algoritmi composta da siti e pagine che hanno maggiore probabilità di essere cliccati da determinati utenti. Ma come si crea questa bolla? Grazie ai dati e alle informazioni personali che ogni giorno noi stessi offriamo al motore di ricerca attraverso tutto ciò che facciamo sul web, clic, ricerche, acquisti…

Di conseguenza, si ritiene che effettuando il logout dal proprio account su Google Chrome o navigando in modalità “in incognito”, questi dati non dovrebbero essere salvati e il motore di ricerca non sia in grado di personalizzare la nostra esperienza di navigazione.

Proprio sulla base di questa idea DuckDuckGo ha effettuato la propria ricerca.

Ha chiesto ad un gruppo di 76 persone di digitare nello stesso momento le stesse parole all’interno del motore di ricerca più famoso al mondo, sia collegati all’account di Google, sia dopo aver fatto il logout e in modalità “in incognito”.

Il risultato è stato sorprendente: anche durante la navigazione in incognito si ottenevano risultati differenti tra gli utenti, ma con una variazione poco significativa rispetto a quando la ricerca avveniva all’interno del proprio account. Il motore di ricerca rivale di Google ha dedotto da questi risultati che, anche quando si utilizza la modalità “in incognito”, in realtà si stiano comunque sfruttando informazioni che Google possiede su di noi per poterci offrire risultati differenti.
In questo modo, una ricerca oggettiva, replicabile da chiunque, in ogni luogo e ogni momento, potrebbe essere ritenuta impossibile.

La risposta dell’azienda di Mountain View non si è fatta attendere, sostenendo che la ricerca del rivale sia condizionata dall’assunto che ogni ricerca su Google sia modificata esclusivamente in base alle informazioni personali degli utenti, vero solo in minima parte. I fattori in gioco che possono aver contribuito alla differenziazione dei risultati ottenuti nella ricerca sono moltissimi (indirizzi IP, posizione, terminale, ecc.) e non collegati all’utente specifico.

Inoltre, deve essere tenuto in considerazione il fatto che lo studio sia stato realizzato proprio da un diretto rivale di Google che propone sul mercato un sistema di ricerca alternativo, basato sull’assenza di tracciamento e memorizzazione delle informazioni legate agli utenti.

Vedremo in seguito, in base ad altri studi che saranno eseguiti, cosa comporterà o dove ci porterà questo braccio di ferro tra il colosso Google e l’emergente DuckDuckGo. Siamo curiosi.